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INTERNATIONAL KARATE
TRAMA E DETTAGLI
International Karate non presenta alcuna trama documentata.
STORIA
CALCI VOLANTI DA TOKYO A BRIGHTON: LA LEGGENDA COMINCIA
Quando si parla di International Karate per Commodore 64, è impossibile non iniziare con un inchino rispettoso verso l’uomo dietro il progetto: Archer MacLean. Sviluppato nel Regno Unito e pubblicato da System 3 nel 1986, il gioco venne concepito in un periodo di fermento per i titoli sportivi e marziali. MacLean, già programmatore affermato grazie al suo lavoro su Dropzone, decise di affrontare un genere che allora stava esplodendo, probabilmente spinto dall’enorme successo di Karate Champ e The Way of the Exploding Fist, entrambi pubblicati poco prima. Tuttavia, International Karate non nacque sotto una stella tranquillissima: il suo sviluppo fu marcato da una certa urgenza, poiché System 3 voleva entrare rapidamente nel mercato dei picchiaduro a incontri, ancora dominato da produzioni americane o giapponesi.
Curiosamente, MacLean non era affatto un esperto di arti marziali: si documentò su riviste e manuali, ma soprattutto osservando filmati e adattando i movimenti ai limiti tecnici del Commodore 64. Il gioco venne programmato interamente in linguaggio macchina, senza tool moderni o debugger grafici. Questo rende ancora più impressionante la fluidità dell’animazione e la pulizia del codice che lo compone. Un dettaglio interessante riguarda la distribuzione: in Nord America, il gioco venne pubblicato con il titolo World Karate Championship, a causa di un conflitto legale con Data East per via delle somiglianze con Karate Champ. Questo generò una disputa legale che durò mesi, e che alla fine si concluse con un compromesso che non impedì comunque a System 3 di raccogliere ampi consensi.
A livello commerciale, International Karate fu un successo praticamente immediato. Il gioco riuscì a imporsi nelle classifiche britanniche e tedesche, due mercati chiave per il Commodore 64, e fece registrare vendite solide anche negli Stati Uniti, sebbene con maggiore concorrenza. La sua fortuna derivava da una combinazione insolita di immediatezza e profondità, unite a una presentazione tecnica che nel 1986 risultava decisamente sopra la media. Nonostante questo, alcuni critici dell’epoca lo giudicarono troppo derivativo e non all’altezza dei suoi predecessori, soprattutto per quanto riguarda la varietà degli avversari e la “personalità” dei combattenti. Ma l’idea di ambientare ogni incontro in una location diversa, visivamente ispirata a città e paesi di tutto il mondo, fu considerata una trovata azzeccata, capace di regalare al titolo un’impronta più internazionale rispetto alla concorrenza.
Un’ultima nota curiosa riguarda il porting: International Karate venne convertito anche per Amstrad CPC, ZX Spectrum, Atari ST e Apple II, ma fu la versione per Commodore 64 a diventare la più amata e giocata. Questo grazie non solo alla solidità del codice, ma anche alla colonna sonora, che – come vedremo – fu uno degli aspetti più celebrati di tutto il pacchetto. Nel tempo, la fama del gioco è cresciuta, al punto da diventare oggetto di speedrun, remix musicali e persino una versione celebrativa per i fan della scena retrogaming. Non male per un progetto nato con poche risorse e tanta inventiva, firmato da un programmatore britannico che non aveva mai tirato un calcio nella sua vita.
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TI TIRO UN CAZZOTTONE!
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GAMEPLAY
KATA' E JOYSTICK
Il cuore pulsante di International Karate non è solo nel fascino esotico delle sue ambientazioni o nella sua componente tecnica, ma nelle sue meccaniche di gioco, sorprendentemente solide e bilanciate per l’epoca. Il giocatore veste i panni di un karateka vestito con un kimono bianco o rosso (a seconda del lato dello schermo), in una serie di incontri contro avversari controllati dalla CPU, con l’obiettivo di raggiungere il massimo punteggio accumulando vittorie. Il sistema di combattimento si basa su una serie di 16 mosse diverse, attivabili con combinazioni del joystick in otto direzioni e il tasto di fuoco. Il numero di mosse, per un gioco a singolo pulsante, era considerato notevole all’epoca, e ancora oggi sorprende per varietà.
L’incontro è scandito da un sistema a punteggio, ispirato al karate sportivo: un colpo ben assestato può valere mezzo punto o un punto intero, a seconda della precisione e della difficoltà del colpo. Chi raggiunge due punti per primo, vince il round. Questo approccio premia non il martellamento dei comandi, ma il tempismo, l’osservazione e una certa padronanza delle distanze. Il gioco, in altre parole, obbliga a un tipo di riflessione che si allontana dalle logiche più frenetiche viste in titoli come Yie Ar Kung-Fu o Kung-Fu Master. Ciononostante, il ritmo dell’azione è incalzante e raramente lascia spazio alla noia. Le mosse spaziano da calci volanti e pugni diretti a tecniche più complesse, come il calcio rovesciato o il colpo basso, che spesso sorprende l’avversario e diverte anche lo spettatore.
Una componente apprezzata fu la varietà delle ambientazioni, che però non influenzano minimamente il gameplay. A livello di meccanica, ogni incontro si svolge allo stesso modo, indipendentemente dallo sfondo. Qui si può notare uno dei limiti principali del gioco: l’assenza di caratteristiche uniche per ciascun avversario. Ogni combattente, infatti, ha la stessa velocità, potenza e movimenti del protagonista, rendendo gli scontri una sfida più contro se stessi che contro un’intelligenza nemica davvero caratterizzata. Questo aspetto fu criticato da parte della stampa dell’epoca, che avrebbe voluto avversari con pattern distintivi, magari con stili differenti come nel già citato Exploding Fist.
Nonostante ciò, International Karate riuscì a conquistare i giocatori anche grazie alla modalità a due giocatori, una caratteristica non scontata nei titoli dell’epoca. In questo caso, il gioco assume un sapore completamente diverso, fatto di bluff, contromosse e lettura delle intenzioni dell’avversario reale, con risultati spesso imprevedibili e molto più coinvolgenti. Inoltre, ogni tot livelli, il gioco propone una breve sessione bonus in cui bisogna evitare palle da spiaggia (!) o rompere mattoni, un tocco ironico che stempera la tensione e contribuisce a variare l’esperienza. La presenza di questi intermezzi è stata letta da alcuni come una concessione comica, ma anche come un modo per omaggiare le stranezze tipiche delle pellicole di arti marziali anni Ottanta.
In conclusione, il gameplay di International Karate è più profondo di quanto possa sembrare a una prima occhiata. È vero che, alla lunga, la mancanza di varietà nei nemici può rendere il tutto ripetitivo, ma l’equilibrio delle meccaniche, unito al piacere di affinare il proprio stile, gli conferisce una longevità che va oltre l’apparenza. E poi, sfido chiunque a non godere nel piazzare un calcio rotante ben temporizzato sotto il cielo illuminato di Sydney.
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UNA SEQUENZA DI COLPI VINCENTI DECRETA IL SUPERAMENTO DELL'INCONTRO
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GRAFICA E SONORO
KARATE SUL PALCOSCENICO
Sotto il profilo estetico, International Karate seppe distinguersi sin da subito per un uso intelligente delle capacità grafiche del Commodore 64. Sebbene il gioco non si spinga mai verso la complessità visiva di altri titoli del periodo, la sua pulizia, la chiarezza delle animazioni e l’uso sapiente dello sfondo ne fanno un esempio di equilibrio tecnico e stilistico. Le animazioni del protagonista sono composte da oltre 600 fotogrammi disegnati a mano, una cifra impressionante per un titolo dell’epoca. La fluidità dei movimenti, in particolare durante i salti e i colpi rotanti, fu uno degli aspetti più lodati anche dalle riviste specializzate, che sottolinearono come MacLean fosse riuscito a catturare l’illusione del movimento con una precisione sorprendente per i limiti dell’hardware.
Ogni incontro si svolge su uno sfondo diverso, rappresentante una località esotica: dal Monte Fuji giapponese alla Statua della Libertà, fino al deserto egiziano o alle coste della California. Gli sfondi non sono interattivi, ma contribuiscono in maniera importante all’atmosfera del gioco. Alcuni sono stilizzati ma evocativi, altri più ricchi di dettagli come animazioni leggere (una bandiera che sventola, onde che si infrangono), che danno un senso di “mondo vivo”. In molti, all’epoca, trovarono questi tocchi quasi cinematografici, benché oggi possano apparire semplicistici. Un appunto va fatto al design dei personaggi: sebbene ben animati, mancano completamente di varietà. Tutti i karateka sono uguali, cambia solo il colore del kimono, e questo indebolisce un po’ il senso di progressione.
Il comparto audio, invece, è una piccola perla nel catalogo del C64, grazie al talento di Rob Hubbard, che compose una colonna sonora ancora oggi citata nei remix e nelle raccolte di chiptune. Il brano principale è complesso, melodico e carico di energia, perfettamente in linea con lo spirito combattivo del gioco. Nonostante il SID fosse limitato a tre voci, Hubbard riuscì a dare profondità e dinamismo al tema, alternando melodie orientaleggianti a variazioni ritmiche degne di una vera composizione orchestrale (almeno, nei limiti digitali dell’epoca). I suoni degli impatti e delle mosse sono meno brillanti: secchi e ripetitivi, assolvono la loro funzione senza mai brillare davvero.
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POTEVA FORSE MANCARE LA LEGGENDARIA PROVA DI FORZA?
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LONGEVITA' E RIGIOCABILITA'
UNA CINTURA NERA E' PER SEMPRE
Chiunque si sia cimentato con International Karate sa che, dopo pochi minuti, il gioco inizia a esercitare una sorta di magnetismo difficile da spiegare. Nonostante la sua apparente semplicità strutturale – un combattente, un’arena, un avversario da battere – la curva di apprendimento e la possibilità di perfezionare i tempi di reazione regalano una soddisfazione crescente. All’inizio si perde spesso, poi si impara a sfruttare l’inerzia del salto, il raggio d’azione delle mosse, il timing delle contromosse. Si passa dal semplice sopravvivere al desiderio di dominare. Ed è in questo passaggio che il gioco scopre tutta la sua longevità.
Il livello di difficoltà cresce gradualmente, anche se non si può parlare di un sistema sofisticato di AI: gli avversari diventano semplicemente più veloci e reattivi, ma non più “intelligenti”. Tuttavia, la sfida è sufficiente a spingere il giocatore a migliorarsi, e la presenza delle fasi bonus, come l’evitamento delle palle o la rottura dei mattoni, aiuta a spezzare la monotonia. È vero che a lungo andare l’esperienza diventa ripetitiva, specialmente in assenza di avversari con stili di combattimento distintivi. Questa mancanza si fa sentire soprattutto nelle sessioni singolo giocatore.
Il vero punto di forza resta la modalità a due giocatori, che può regalare ore di divertimento. Gli scontri tra amici, pur con le stesse limitazioni tecniche, diventano imprevedibili, pieni di momenti esilaranti e rimonte inaspettate. Ogni partita è diversa, proprio perché dipende dalle scelte umane e non da uno script. In questo senso, il gioco riesce ad andare oltre i suoi limiti tecnici e strutturali, trasformandosi in una vera arena digitale dove il tempismo, la pazienza e la conoscenza delle mosse diventano armi decisive.
Nel corso degli anni, International Karate è stato oggetto di numerosi remake, sequel (il celebre IK+ del 1987) e celebrazioni da parte della community. Questo testimonia non solo il valore tecnico del gioco, ma anche la sua capacità di rimanere nella memoria dei giocatori. Non è perfetto: manca varietà, manca una progressione narrativa, mancano nemici carismatici. Ma tutto ciò che c’è, funziona bene. Il fatto che, ancora oggi, sia giocato, emulato e discusso dice molto della sua eredità.
Insomma, se oggi lo si lancia anche solo “per provare”, si finisce per restare lì, joystick alla mano, cercando di fare quel calcio rovesciato nel momento giusto. Perché la semplicità, quando è ben fatta, non stanca mai. E in questo, International Karate è ancora un piccolo campione.
• Fluidità impeccabile
• Buona varietà di mosse da utilizzare
• Controlli reattivi e senza ritardo
• Sistema di cinture unito al punteggio
• Alla lunga l'IA diventa ripetitiva e prevedibile
• Il sistema di collisioni non è sempre preciso
VOTO FINALE
8,5
INTERNATIONAL KARATE: LONGPLAY
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