BACK TO COMMODORE'S GAME SELECTION
IMPOSSIBLE MISSION
TRAMA E DETTAGLI
Un agente segreto è incaricato di sventare il piano di un pericoloso genio del crimine, il professor Elvin Atombender, che minaccia l’umanità con una devastante bomba atomica. Per fermarlo, dovrà infiltrarsi nella sua impenetrabile fortezza sotterranea e affrontare una frenetica corsa contro il tempo. L'obiettivo è recuperare i frammenti di un complesso mosaico che, una volta ricomposto, rivelerà la password necessaria per accedere al covo dello scienziato. Tuttavia, ogni stanza del bunker è sorvegliata da micidiali robot assassini, pronti a eliminare qualsiasi intruso. Solo dopo aver raccolto tutti i pezzi e ricostruito correttamente la password, l’agente potrà accedere alla sala di controllo principale per tentare di fermare la minaccia.
STORIA
LA GENESI DI UNA MISSIONE (QUASI) IMPOSSIBILE
Nel panorama videoludico del 1984, quando la maggior parte dei giochi per Commodore 64 ancora arrancava tra schermate statiche e animazioni degne di un cartone animato disegnato con l’etilometro, Impossible Mission spiccò come un fulmine in un cielo anemico. Dietro a questa piccola rivoluzione c’era un nome non banale: Dennis Caswell, programmatore e designer in forze alla Epyx, casa di sviluppo californiana che in quegli anni stava sperimentando con successo un mix di sport e innovazione tecnica. Caswell, però, non voleva fare un clone di Manic Miner o una variazione sul tema dei platform. Voleva creare qualcosa che fosse un ibrido tra azione, esplorazione e logica. E ci riuscì, confezionando un’esperienza sorprendentemente coerente e originale per l’epoca.
Il gioco fu sviluppato quasi interamente da Caswell in circa sette mesi, con una cura certosina per ogni dettaglio. Una curiosità spesso riportata (e confermata dallo stesso autore) è che il famoso urlo digitalizzato “Stay a while... Stay forever!” – pronunciato dall'antagonista Professor Elvin Atombender – fu registrato direttamente da uno degli ingegneri audio della Epyx, in un’epoca in cui inserire voce digitalizzata in un gioco su Commodore 64 era quasi una magia nera. Non era solo una questione di memoria, ma anche di campionamento e compressione, e riuscirci mantenendo la qualità udibile fu un piccolo trionfo tecnico.
Il titolo apparve nei negozi nell’estate del 1984, pubblicato da Epyx, e fu subito chiaro che ci si trovava davanti a qualcosa di diverso. La critica fu inizialmente spiazzata, poiché il gioco non si prestava a etichette comode: non era un platform puro, non era un puzzle game convenzionale, e nemmeno uno shooter. Il suo successo arrivò soprattutto grazie al passaparola tra i giocatori, affascinati da quel mix di tecnologia, umorismo sottile e sfida intellettuale. L’assenza di una colonna sonora durante il gioco, ritenuta strana da molti recensori del tempo, fu giustificata dallo stesso Caswell come una scelta consapevole per evitare distrazioni nelle fasi più complesse. E in effetti, col senno di poi, si rivelò una decisione azzeccata, anche se controcorrente.
Non meno interessante è la figura del protagonista: un agente segreto senza nome, con una silhouette in tuta da ginnastica blu elettrico, quasi un alter ego nerd di Ethan Hunt. Niente pistole, niente pugni, solo salti precisi, acume e qualche trucco elettronico. La storia non viene mai esplicitata in modo didascalico nel gioco, ma si capisce che il nostro eroe è stato incaricato di infiltrarsi nella base del folle scienziato Atombender, un incrocio tra uno scienziato pazzo da fumetto e un hacker sociopatico. L’obiettivo? Fermare il suo piano per scatenare il caos globale, decifrando un complesso codice informatico nascosto in pezzi all’interno delle varie stanze del bunker.
A posteriori, Impossible Mission è stato riconosciuto come una delle produzioni più influenti del C64, citato più volte per la sua eleganza strutturale, la longevità e la capacità di fondere generi diversi con una sorprendente coerenza. A differenza di tanti altri titoli dell’epoca, che invecchiarono malamente già dopo pochi mesi, questo gioco mantiene ancora oggi una certa aura di fascino e rispetto. Non tanto per l’impatto visivo, quanto per la sua architettura ludica precisa, quasi chirurgica, che anticipava molte soluzioni poi adottate da titoli ben più moderni.
![]() |
L'AGENTE SEGRETO E' IMPEGNATO NELLA RICERCA DI ALCUNI FRAMMENTI DI CODICE
![]() |
GAMEPLAY
SALTI DELLA FEDE E PUZZLE
Entrare nel cuore del gameplay di Impossible Mission è un po’ come entrare in un edificio senza mappa: all’inizio si è spaesati, ma con un po’ di orientamento si scopre una struttura molto più razionale di quanto non sembri. Il gioco si articola attorno a una meccanica relativamente semplice: esplorare una base composta da una trentina di stanze, ognuna delle quali contiene nemici robotici, piattaforme mobili e mobili da ispezionare. Il tutto va fatto sotto l’incessante pressione di un conto alla rovescia: sei ore virtuali di tempo per completare la missione, che scorrono anche quando si perde una vita. Ogni caduta o contatto con i robot costa al giocatore dieci minuti. Il tempo è la vera risorsa da amministrare, molto più della destrezza.
Caswell ideò un sistema di movimento fluido e animato in modo sorprendente per l’epoca. Il protagonista può correre, saltare, salire su piattaforme, ma non può combattere. Le stanze diventano così piccoli enigmi dinamici da risolvere con riflessi, logica e tempismo. L’aspetto più affascinante, però, risiede nella necessità di raccogliere frammenti di codice sparsi tra i vari terminali e mobili. Questi frammenti vanno poi ricomposti in uno schema coerente tramite un minigioco di decodifica. Il giocatore, quindi, alterna fasi di esplorazione e movimento a momenti di pura riflessione logica, in cui deve comprendere quali pezzi unire per ottenere le chiavi d’accesso ai computer principali.
La difficoltà non risiede tanto nei controlli, che sono ben calibrati e intuitivi, quanto nell’orientamento e nella gestione delle risorse. Le stanze non seguono una progressione lineare: si può entrare quasi ovunque sin dall’inizio, e questo dà al giocatore una libertà che può essere tanto stimolante quanto disorientante. Non ci sono indicatori che suggeriscano dove andare o cosa cercare prima. L’esperienza, dunque, è fortemente basata sulla capacità del giocatore di pianificare, memorizzare e, in certi casi, improvvisare.
Un’idea notevole è la possibilità di ottenere “pause” temporanee sui robot nemici, attraverso l’uso di terminali che consentono di attivare uno “Snooze”, ovvero uno stordimento momentaneo delle sentinelle meccaniche. Questa funzione, pur essendo opzionale, diventa vitale in alcune fasi, specie nelle stanze più congestionate o con piattaforme mobili sincronizzate in modo beffardo. In definitiva, Impossible Mission è un titolo che non accetta compromessi: pretende attenzione, ragionamento e pazienza. Non è il classico gioco da “dieci minuti e via”, e questo ne ha decretato nel tempo sia il successo che una certa nicchia di detrattori, meno avvezzi a esperienze di gioco cerebrali.
![]() |
UNA PARTE DEL CODICE DI ACCESSO AL COVO ERA NASCOSTA DENTRO UN CAMINETTO. NON SARA' SEMPRE COSI' FACILE ENTRARNE IN POSSESSO
![]() |
GRAFICA E SONORO
UN BUNKER ATIPICO MA STILOSO
Impossible Mission non sfoggia grafica colorata o disegni ricchi di dettagli, ma punta piuttosto sulla chiarezza e sull’animazione. Il personaggio principale, pur privo di un volto o tratti distintivi, è animato con una fluidità notevole. Caswell, ispirandosi a tecniche di rotoscoping, riuscì a creare animazioni credibili di corsa, salto e caduta, che risultavano estremamente avanzate rispetto alla concorrenza dell’epoca. I robot, sebbene stilizzati, sono minacciosi e ben distinti tra loro grazie al colore e alla velocità di reazione. Le piattaforme mobili sono ben delineate, e ogni stanza ha un design funzionale alla sfida proposta.
La scelta cromatica è volutamente sobria. Le stanze sono spesso dominate da tonalità grigie o blu scuro, con elementi colorati usati per evidenziare nemici o oggetti interattivi. Non ci sono sfondi complessi o decorazioni superflue, ma tutto concorre a un’estetica pulita ed essenziale, che favorisce la leggibilità delle situazioni di gioco. È una grafica che non punta all’impatto ma alla funzionalità, e in questo riesce perfettamente. Va detto, però, che a confronto con altri giochi Epyx come Summer Games o Pitstop II, Impossible Mission appare decisamente più austero, quasi minimalista.
Per quanto riguarda il comparto sonoro, il titolo si distingue nettamente per la presenza di voce digitalizzata, un’autentica rarità nel 1984 su Commodore 64. L’iconico “Stay a while... Stay forever!” è diventato un tormentone tra gli appassionati, e rappresenta uno dei primi esempi efficaci di speech synthesis nel gaming domestico. La qualità della registrazione è sorprendentemente nitida, considerando le limitazioni hardware, e il suo impatto è tale che ancora oggi viene citata tra i momenti cult della storia videoludica.
Meno entusiasmante, per molti, è l’assenza di una colonna sonora durante il gioco. Questa scelta, pur giustificata dal desiderio di non appesantire la concentrazione del giocatore, può rendere l’esperienza un po’ troppo silenziosa e austera. Gli effetti sonori – passi, rumori delle piattaforme, scariche elettriche dei robot – sono funzionali ma molto essenziali. Nessun fronzolo, nessuna variazione dinamica. Solo ciò che serve. È una scelta che può affascinare chi ama l’approccio essenziale, ma che lascia indifferenti i fan del sound più ricco alla Last Ninja o Turrican. In definitiva, un comparto tecnico equilibrato, con qualche punta di eccellenza, ma anche qualche rinuncia evidente.
![]() |
LA RETE DI COMUNICAZIONE CHE PERMETTE L'ACCESSO AI PIANI DEL COVO E' COLLEGATA DA ASCENSORI. IN BASSO IL COMPUTER PORTATILE CHE MOSTRA LA MAPPA DELLE STANZE
![]() |
LONGEVITA' E RIGIOCABILITA'
LA TENSIONE DAL RETROGUSTO NOSTALGICO
La vera forza di Impossible Mission, paradossalmente, non sta tanto nella novità del suo gameplay quanto nella sua capacità di resistere al tempo. È un gioco che si lascia rigiocare, e non per nostalgia, ma per struttura. L’elemento chiave è la disposizione casuale dei frammenti di codice a ogni nuova partita. Questo sistema di randomizzazione garantisce che ogni sessione sia leggermente diversa, obbligando il giocatore a esplorare, ricordare e pianificare ogni volta da capo. Non ci si può affidare alla memoria o alla ripetizione meccanica: ogni partita è una nuova sfida.
Il gioco non offre un sistema di salvataggio, né la possibilità di selezionare un livello. Si ricomincia sempre dall’inizio, e questo, se da un lato può essere frustrante per chi ha poco tempo o cerca esperienze più lineari, dall’altro contribuisce a costruire un senso di sfida che oggi si ritrova più facilmente nei roguelike moderni. È sorprendente quanto Impossible Mission riesca ad anticipare quella logica di apprendimento iterativo che tanto affascina i giocatori odierni.
Va anche detto che l’assenza di una mappa interna costringe il giocatore a creare la propria, mentalmente o su carta, il che può essere percepito sia come un limite sia come un valore aggiunto, a seconda del tipo di esperienza che si cerca. Alcuni potrebbero trovare frustrante dover ricordare la posizione di certe stanze o percorsi, ma altri lo considereranno parte integrante del coinvolgimento.
Nel complesso, Impossible Mission ha resistito meglio di molti suoi coetanei. Nonostante qualche asperità strutturale e un certo ermetismo iniziale che può scoraggiare i nuovi arrivati, il gioco mantiene una solidità progettuale rara. Non è per tutti, e non è immediato, ma è proprio questa sua “durezza” che gli conferisce profondità e carattere. La sua rigiocabilità non è solo una conseguenza della sua struttura modulare, ma anche della soddisfazione che si prova nel padroneggiare le sue regole e, finalmente, mettere fine al piano del Professor Atombender.
• Animazioni strabilianti per l'epoca
• Atmosfera tesa e memorabile
• Randomicità e casualità dell'approccio esplorativo
• Effetti sonori superlativi
• Nessun sistema di salvataggio
• Difficoltà talvolta ostica
• Quel dannato salto ...
• Nessuno sviluppo narrativo
VOTO FINALE
8,5
IMPOSSIBLE MISSION: LONGPLAY
BACK TO COMMODORE'S GAME SELECTION